Il western è l’unico
genere cinematografico in cui le produzioni di prima qualità sono pietre
miliari della storia del cinema e le produzioni “di serie B” sono cult
imperdibili da cineforum. Non esiste quasi nulla che si possa “buttar via”
della cultura cinematografia western e questo colossale volume ne è la prova. E
se le quasi settecento pagine che Tetro – con la massiva collaborazione di
Stefano Di Marino, narratore d’eccezione, che tratta il western delle origini e
del periodo “classico” di Hollywood – sviluppa si possono leggere
“becchettando” qui e là tra i vari capitoli, anche la lettura randomica
evidenzia la messe di grandi nomi tra attori, sceneggiatori e registi. Che la
storia del cinema e quella del western si intreccino è semplice da dimostrare:
l’incetta di Oscar che The Revenant (Alejandro González Iñárritu 2015) ha fatto
durante l’ultima edizione del premio dimostra che le grandi storie di frontiera
sono ancora in grado di affascinare. Mentre, al “capo opposto” della storia,
cioè al principio, c’è un film del 1903, The Great Train Robbery, che suscitò
tanta emozione con la celeberrima scena del cowboy (Gilbert Anderson, in
seguito noto come Broncho Billy) che fissa in camera e spara su un pubblico non
ancora avvezzo agli “effetti speciali” della visione cinematografica. «Mi
chiamo John Ford: faccio western». Così parlò negli anni più duri del
maccartismo Sean Aloysius O’Finney, chiamato a difendere il suo lavoro nel
cinema e ad affermare la fedeltà agli ideali americani. A simboleggiare che, benché
moltissimi “tirassero per la giacchetta” i grandi registi, le tematiche
politiche insite nei film fossero spesso il pretesto per creare atmosfere, far
emergere personaggi, raccontare, insomma, delle storie. Dopo aver analizzato,
dunque, ognuno con le sue variopinte peculiarità e nello specifico film del
periodo d’oro come Winchester 73, I magnifici sette (The Magnificent Seven,
1960), L’uomo che uccise Liberty Valance; il crepuscolare Il pistolero, Giubbe
Rosse del grande Cecil. B. De Mille, Notte senza fine (Pursued, 1947), Tamburi
lontani (Distant Drums, 1951), Quella sporca dozzina, 1967, di Robert Aldritch,
La conquista del West del 1962, voluto come kolossal e nato da una
collaborazione dei migliori professionisti dell’epoca, L’occhio caldo del cielo
(Rigsby), e tanti (tanti!!) altri, la guida procede sulla doppia direttiva
della cronologia e della varietà dei temi. Lo spartiacque è segnato da quel
momento incredibile della produzione artistica nostrana a cavallo tra gli anni
Sessanta e Settanta che diede vita allo “spaghetti western”: un ciclone capace
di insidiare la tramontante produzione hollywoodiana di genere. Tra i meriti
del glorioso filone italo-western l’emergere di alcuni mostri sacri come Sergio
Leone, Clint Eastwood, Franco Nero (il primo Django!!!) e Sergio Corbucci,
recentemente tributato da Tarantino. Doveroso tributo alla filmografia della
coppia, (oggi funestata dal lutto per la scomparsa del Pedersoli) Bud Spencer-
Terence Hill, valorizzata ai tempi per gli incassi che produceva e poco più,
viene oggi riscoperta per originalità e qualità. Dal fortunato Dio perdona…io
no! (Giuseppe colizzi 1967) in poi, si possono leggere nel dettaglio tutte le
apparizioni western (genere che li lanciò) della coppia Bud Spencer-Terence
Hill. E i giorni nostri? Ci si arriva, analizzando per esempio il rapporto tra
verità storica (c’è molta Storia, in questo volume) e finzione per quanto
riguarda la figura di John Glass, grazie al quale Leonardo Di Caprio ha vinto
il suo primo Oscar. Allontanandosi dalla “pista principale”, si arriva laddove
solo l’erudizione e la passione conducono. Per esempio forse non tutti sanno
che, recentemente, Daniel Craig e Harrison Ford hanno recitato in un film dal
nome esplicativo: Cowboy & Aliens! Il genere si rivela il luogo delle
contaminazioni. Ma i percorsi tematici non sono ancora finiti. Gli autori
compiono con disinvoltura lo sforzo di dedicare capitoli a sé stanti ai grandi
personaggi del West. Che notte piacevole sarebbe, per l’appassionato o per il
neofita, quella occupata da una maratona sulle tracce del personaggio di Django
o di Wyatt Earp (questo realmente esistito: fu il protagonista della sfida
all’O.K. Corral), o del generale Custer, di Wild Bill Hickoch, Calamity Jane e
chi più ne ha più ne metta.
Un libro monumentale,
insomma, come al solito riccamente illustrato e dalla grafica “mossa”, un
oggetto libro di cui andiamo orgogliosi e che speriamo abbia la fortuna delle
precedenti Guide.
Michele Tetro,
scrittore e giornalista, ha pubblicato racconti sulle riviste “OMNI”, “Futura”,
“L’Eternauta”, “Futuro Europa”, “Yorick Fantasy Magazine”. Ha curato
l’antologia H.P. Lovecraft-Sculptus in Tenebris: saggi ed iconografia
lovecraftiana (Nuova Metropolis), e con Roberto Chiavini e Gian Filippo Pizzo
ha scritto Il grande cinema di fantascienza: da “2001” al 2001, Il grande
cinema di fantascienza: aspettando il monolito nero, Il grande cinema fantasy
(Gremese), Mondi paralleli - storie di fantascienza dal libro al film (Della
Vigna) e altri. A sua sola firma è uscito Conan il barbaro: l’epica di John
Milius (Falsopiano). È tra gli autori della Guida al cinema di fantascienza,
della Guida alla letteratura horror e della Guida al cinema horror
(Odoya).
Stefano Di Marino, tra i più prolifici
narratori italiani, attivo per le collane Mondadori “Segretissimo” e “Giallo”,
da anni si dedica alla narrativa scrivendo romanzi e racconti di spystory,
gialli, avventurosi e horror. Per Fabbri ha curato Il cinema del Kung Fu e Il
cinema Horror. Per la Gazzetta dello Sport le collane Il cinema del Kung Fu
(diversa dalla precedente) e Gli indistruttibili - il cinema d’azione degli
ultimi vent’anni. Tra i suoi libri sul cinema Tutte dentro - Il cinema della
segregazione femminile (Bloodbuster Edizioni), Bruce e Brandon Lee (Sperling &
Kupfer), Dragons Forever - Il cinema marziale (Alacran), Italian Giallo - il
thrilling italiano tra cinema, fumetti e cineromanzi (Cordero Editore) e Eroi
nell’ombra - il cinema delle spie raccontato come un romanzo (Dbooks.it).
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